E’ così difficile essere fotografo
E’ così difficile essere fotografo.
Me lo ripeto dopo una vita lavorativa da dipendente, stipendiato regolarmente (o quasi) ogni mese.
E ora, dopo più di un anno da “indipendente” mi gira in testa questa frase.
E’ così difficile essere fotografo?
Sbranare e sbranarsi per qualche euro su qualche fotografia (per ripagarsi la benzina e se si è fortunati anche migliaia di euro di chili di attrezzatura).
Trascinare questi chili di attrezzatura sotto il sole cocente o sotto la pioggia. A fine giornata non sentire più il polso, non vederci da un occhio, ripensare se e dove hai fallito, con quanti hai fatto a spintoni e mangiare un panino in autogrill sulla via del ritorno, mantenendo sempre il contatto con il tuo zaino fotografico.
Perché lì dentro c’è la tua vita, e stai riportando a casa la tua giornata.
E magari ti vien voglia di sentire la tua famiglia a casa, che probabilmente è seduta a tavola o al parco. Perché se sei un fotografo e il weekend lo passi fuori. Attraverso il telefono vorresti raccontare a tua moglie le sensazioni della giornata, le emozioni e le sudate. Ma ti esce solo un “è andata bene, sto tornando”.
Perché vivi attraverso un mirino. Congeli istanti perfetti con un movimenti di indice. E ti concentri così tanto che tutto il resto scompare.
E’ così difficile essere fotografo?
Si lo è. E’ difficile perché oltre a tutto questo (che è la tua passione e la tua arte) c’è l’incertezza che oggi fai belle foto ma domani forse no. Domani forse non riceverai più telefonate, perché c’è una concorrenza spietata e ormai siamo tutti fotografi. Per la società siamo tutti fotografi.
Eppure a me piace così tanto.
Mi piace così tanto fotografare le persone che si baciano, fotografare piccoli dettagli che a molti sfuggono, fotografare giornate importanti, eventi importanti; mi piace così tanto raccontare storie con le mie fotografie che forse nessuno leggerà.
E mi sento fiero di me stesso quando sto immobile sotto la pioggia, puntando 4 chili di obiettivo mentre le gocce mi entrano negli occhi aspettando quel preciso istante per scattare. Sono fiero di me stesso quando consegno le mie foto a qualcuno. Sono fiero di me stesso quando nel mio obiettivo entrano persone che vedevo solo in televisione o quando le persone ascoltano le mie piccole avventure. E ho fatto solo piccole avventure: nessun safari, nessuna guerra.
Chi fa questo mestiere si è dimenticato della comodità. E ne sono dannatamente fiero. Quando cammino (o corro) stanco trascinando uno zaino da 20kg e una macchia montata su un cavalletto in spalla, mi sento un soldato, quello che non sono mai riuscito a essere.
E’ difficile essere fotografo. E io vorrei essere un buon fotografo.